Libri

DONNE IN BICICLETTA

di Antonella Stelitano (Ediciclo Editore, 20 euro)

Grande lavoro di ricerca in questo volume stampato dall’editore che più ha lasciato un segno di qualità nel campo dell’editoria sulle due ruote. E fa piacere citare questo libro oggi, pur essendo uscito da qualche mese, perché riporta nel retro di copertina una frase di Antonella Belluti, fresca candidata alla presidenza del Coni, prima donna della storia: “L’unica catena che ci rende liberi è quella delle bicicletta”. Le friulane non mancano in questa carrellata di campionesse ed eroine che hanno infranto record e spezzato pregiudizi. Una è la cividalese Maria Paola Turcutto, nata nel 1965, ciclista su strada, ciclocrossista e mountain biker italiana. Ha vinto il Trofeo Alfredo Binda nel 1991 e il titolo nazionale a cronometro nel 1992, è stata bronzo mondiale nel cross country e vincitrice di due titoli nazionali nel ciclocross. Bello e sorprendente l’excursus storico dei primi capitoli. “Il mondo maschile fu abbastanza coeso nell’esprimere i propri dubbi sull’uso della bicicletta da parte delle donne, le quali, invece, ne compresero presto il potenziale come strumento di emancipazione” scrive Stelitano. “Alla fine dell’Ottocento in Germania si contano ben 18 club ciclistici per signore, mentre a Parigi le cicliste sono circa cinquemila. In Italia, l’Unione velocipedista aveva proibito alle società affiliate di includere nei programmi gare riservate alle donne”. Eppure… Ecco Lina Cavalieri, che dal 1893 si dedica alle gare e vince la corsa a tappe Roma-Torino. Ecco Alessandrina Maffi, soprannominata “la biciclettista di ferro”, specialista della pista che però corre anche su strada: Milano-Parigi, Milano-Lodi-Crema, Milano-Roma. La Società della ginnastica di Trieste organizza un corso di ciclismo riservato alle donne. Poi arriva Alfonsina Strada, “bici da uomo e pantaloni alla zuava” che nel 1924 corre, unica donna, i 3600 chilometri del dodicesimo Giro d’Italia. Ma ancora nel 1941 il vescovo di Lodi tuona contro il “ributtante e indecente spettacolo delle donne in bicicletta mentre il vento giuoca tra le attillate e cortissime sottanelle” e il campione Alfredo Binda afferma convinto che “lo sport ciclistico non è adatto alle donne: non è certamente elegante vedere una signorina sudata, senza grazia, spingere rudemente la macchina ballonzolando sui pedali”. Ma ormai le donne hanno fatto della bicicletta un mezzo di Resistenza, lo cavalcano come staffette partigiane, lavoratrici, madri e non solo atlete. E nel Dopoguerra la strada che era stata tutta il salita diventa a poco a poco in discesa. (C.D)