Michele Bettega. La prima guida alpina del Primiero.
Paolo Francesco Zatta
(CIERRE Edizioni)
Se siete convinti che i libri di storia dell’alpinismo non debbano essere semplicemente le cronache, più o meno pittoresche di salite più o meno difficili, allora il libro “Michele Bettega. La prima guida alpina del Primiero” di Paolo Francesco Zatta (CIERRE Edizioni) può fare al caso vostro. Dei quindici capitoli e due appendici in cui Zatta divide il volume, quelli dedicati esclusivamente alle arrampicate sono solo due: quello sull’apertura della via sulla sud della Marmolada e l’elenco delle salite ricavato dal libretto di guida di Michele Bettega (riportato in forma semplificata in appendice, 30 pagine). Gli altri capitoli trattano, oltre ovviamente alla storia della famiglia Bettega, la storia del Primiero, con dettagli su istruzione, matrimoni e visite di leva, della scoperta delle Dolomiti e e della nascita del turismo. Una notevole parte è dedicata ai clienti, più spesso amici visto il carattere socievole della guida, di cui si racconta dettagliatamente vita, morte e miracoli e di cui si riportano ampi brani dalle loro pubblicazioni. Una galleria di personaggi straordinari: si va dall’intellettuale (Leslie Stephen, padre di Virginia Woolf) al mito (John Ball), dal conte bohémien (Ralph Lovelace) al generale tedesco (Teodoro Wundt) passando per accademici (tanti e di tutte le facoltà), commercianti d’arte, piantatori di tè, spie, direttori d’orchestra. Una varia umanità accomunata dall’amore per la montagna e da una discreta agiatezza economica.
Ma i ritratti che più colpiscono sono quelli delle donne: dell’egittologa Amelia Blandford Edwards, dell’iron lady Beatrice Tomasson, che risparmiava tutto l’inverno per permettersi di pagare le guide d’estate, di Jeanne Immink, che rimane dodici ore in posizioni difficili sulla Piccola di Lavaredo per non rovinare gli scatti (26 foto) di Wundt, di Irene Pigatti pioniera dell’alpinismo femminile italiano: donne determinate, libere, tenaci e spesso incuranti delle convenzioni sociali, con vite piuttosto intricate.
Commovente il capitolo sulle disgrazie che la guerra procura a Bettega: dapprima gli austriaci, quando si ritirano, gli incendiano la malga Fosse di Sopra; poi perde un figlio soldato, in una perlustrazione per gli italiani; si infortuna gravemente a una gamba; dopo Caporetto è accusato di collaborazionismo da un delatore, viene sottoposto a processo e gli viene sequestrato tutto. L’infortunio gli impedisce di continuare a esercitare la professione di guida per cui si riduce a fare il contadino.
L’appunto più grave che si può fare al libro è la mancanza di un indice dei nomi, i personaggi sono molti, a cui l’autore aggiunge mogli e mariti, parenti, amici; troppi per ricordarseli tutti (almeno alla mia età), figurarsi, se per caso doveste fare una ricerca, dove sono citati.
Alla fine della lettura probabilmente non vi sarà venuta nessuna idea nuova per arrampicare sulle Pale di San Martino, ma ritengo che considererete con ammirazione maggiore quel periodo della storia dell’alpinismo e soprattutto i suoi protagonisti, spesso giudicati dei sacchi di patate trascinati in cima dalle guide (almeno è quello che pensavo io).
(giuseppe duratti)